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Angela e Eva

Officina Teatrale A_ctuar

Genere Teatroragazzi (8-99) Figura
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Regia: Officina Teatrale A_ctuar

Drammaturgia: Sara Draghi

Attori: Sara Draghi e Massimo Festi

Altri crediti: Musiche originali Pietro Fabbri Movimenti di scena Alessandra Fabbri Maschere Brina Babini Marionetta Sara Draghi Costumi Morselli Patrizia Video d’epoca concessi da United States Holocaust Memorial Museum e Bundesarchiv Abteilung Filmarchiv

Parolechiave: attore, marionetta ibrida, porrajmos, rom e sinti

Produzione: Officina Teatrale A_ctuar

Anno di produzione: 2023

Genere: Teatroragazzi (8-99) Figura

Porrajmos in lingua romanì significa “divoramento”: con questa parola si indica lo sterminio di Rom, Sinti, Manush, Kalé, coloro che vengono chiamati "zingari", nei campi di concentramento della Germania nazista durante la Seconda Guerra Mondiale. Provenivano da tutta Europa, da paesi alleati o occupati dai Nazisti, tra cui l'Italia.
Tra le storie che sono riuscite ad arrivare a noi c’è quella di Angela Reinhardt, che durante la sua infanzia all’orfanotrofio di Mulfingen incontrò Eva Justin e il Dott. Ritter, i due principali responsabili del Porrajmos, e che per una particolare combinazione di eventi riuscì a salvarsi dalla deportazione.
Lo spettacolo è senza parole e ruota attorno ai giochi con cui Ritter e la sua assistente Eva Justin intrattenevano i bambini Rom e Sinti ospiti degli orfanotrofi: questi giochi erano in realtà innocenti esperimenti con cui dimostrarne l’incapacità di questi bambini ad essere educati. E dunque la necessità di inviarli nei campi di concentramento dove in tantissimi hanno poi trovato la morte.
In scena la piccola Angela, impersonata da una marionetta ibrida a dimensioni reali e Eva Justin. Attorno alle due si aggirano la figura di Ritter e quella grottesca della suora che salvò la ragazzina dalla deportazione.
Lo spettacolo, con delicatezza e gentilezza, vuole raccontare una piccola storia, poco conosciuta ma estremamente rappresentativa di questa minoranza di cui i gagé, i non "zingari" sanno pochissimo. Il silenzio, il medesimo che è stato steso sul Porrajmos dalla fine della guerra, è una sfida a cui si sottopongono personaggi e autori, per raccontare una vicenda complessa, capace ancora oggi spiegarci la diversità, il pregiudizio e le incomprensioni.

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