SONO GIA' DA UN'ALTRA PARTE nasce, due anni fa, nell'ambito di un progetto di prestito-libri avviato dal Sistema Bibliotecario Vibonese nella Casa Circondariale maschile di Vibo Valentia, che ospita oltre 400 detenuti italiani e stranieri. Durante il servizio-prestiti, il personale della Biblioteca si è reso conto che molti utenti avevano desiderio di raccontare le loro storie. E' stato quindi chiesto alla drammaturga Ester Tatangelo di raccogliere queste storie, attraverso un programma di partecipazione volontaria dei detenuti, coordinato dagli educatori della Casa Circondariale, con l'obiettivo finale di condensare le testimonianze in un testo drammaturgico. Questa drammaturgia è poi divenuta l'ossatura della visione scenica affidata al regista Fortunato Cerlino e interpretata dall'attore Paolo Cutuli.
La storia raccontata in SONO GIA' DA UN'ALTRA PARTE è una storia vera,seppure necessariamente mutata in alcuni particolari per necessità di privacy e per esigenze narrative dell'autrice.
Lo scompartimento di un treno, un viaggio durante la stagione estiva, in pieno esodo vacanziero, un passeggero infastidito dai compagni di viaggio, dai bagagli ingombranti dei vicini, diventano occasione di riflessione sul passato, rievocazione di ricordi, attraverso le analogie del presente. Il viaggio in treno come convivenza forzata, spazio angusto, amplificazione di solitudini, vite
sospese, desiderio di cambiamento, di fuga. Un' occasione di riscatto, un incidente, porta di uscita da un mondo reale, porta di ingresso in un mondo in cui non esistono più barriere di tempo e spazio, un mondo sospeso, surreale,
comico e tragico insieme.
NOTE DI REGIA
Il problema delle carceri lo si può affrontare da diversi punti di vista. Di sicuro la riflessione di carattere etico e civile sullo stato di detenzione non si è mai
esaurita. SONO GIA' DA UN'ALTRA PARTE nasce da un diverso approccio alla problematica. La voglia, il bisogno di narrarsi di tanti detenuti è forse dettato
dalla volontà di far evadere da quelle mura almeno la propria storia. Ma cosa cambia nella capacità di raccontarsi in un uomo privato della sua libertà di
movimento, di dialogo con il mondo esterno? Ho potuto riscontrare dai racconti di Ester Tatangelo che lo stato di percezione di sé di un essere umano in stato di
detenzione, muta fino al punto che il tempo assume per lui un valore diverso; il detenuto vive il presente come incidente tra passato e futuro. La sua vita
presente è prestata ad una circostanza momentanea che non completa la sua identità, sospesa tra un passato mitico pieno di rimpianti, ed un futuro prossimo, ricco di senso. I detenuti vivono fisicamente in un luogo che la loro mente ha già abbandonato. La loro condizione è simile, mi pare, ad uno stato di veglia, di sonno ad occhi aperti in attesa del risveglio. Una coscienza dormiente rallentata
da un corpo detenuto. La mente è in viaggio costante nel tempo.